AUTISMO E FONIATRIA

0 Pubblicato da Mer, 03 Aprile 2013, 10:31

Autismo infantile. Attuali orientamenti sul trattamento multidisciplinare. Nostre esperienze.” di Massimo Borghese e coll. Riabilitazione Oggi, 2001.

Sulla rivista Riabilitazione Oggi appare l’articolo:“Autismo infantile. Attuali orientamenti sul trattamento multidisciplinare. Nostre esperienze.” di Massimo Borghese e coll.
L’autore, che da anni si dedica con passione all’abilitazione foniatrica dell’autismo, insieme ai suoi collaboratori afferma che la presa in carico abilitativa-riabilitativa del soggetto autistico deve realizzarsi attraverso un momento diagnostico ed un intervento logopedico che considerino e comprendano almeno le seguenti premesse:
– l’autismo è una sindrome a genesi multifattoriale, decisamente di natura organica, per nulla collegabile ad ipotesi di tipo psicodinamico che, peraltro, hanno frenato e sviato anni di possibilità di seria e costruttiva ricerca scientifica;
– il deficit linguistico espressivo non è certamente l’unica, ma è sicuramente una delle più significative ed invalidanti componenti del quadro clinico, per cui non è pensabile porre in secondo ordine in un protocollo diagnostico-terapeutico, la considerazione di tale elemento;
– non è realizzabile un intervento abilitativo che si basi sulla mera esecuzione di un solo e semplice “metodo”, senza un significativo coinvolgimento di tutti gli operatori utili allo scopo, escludendo, nel contempo, figure e metodologie dannose o fuorvianti, nonché operatori che, al di là del gruppo scientifico-culturale di appartenenza, si dimostrino singolarmente incompetenti e non sufficientemente preparati allo svolgimento di un lavoro così specifico.

Gli Autori, premessa la conoscenza dei criteri fondamentali per una corretta diagnosi di autismo, identificano le principali linee guida del protocollo diagnostico-terapeutico nei seguenti punti:
– Visita foniatrica di accettazione, allo scopo di definire un primo orientamento diagnostico ed una iniziale serie di caratteristiche del profilo comunicativo relativamente ai versanti percettivo, integrativo, espressivo e, in particolare, relazionale-comportamentale.
– Osservazione logopedica in 4-7 sedute, al fine di approfondire ulteriormente l’analisi del profilo comunicativo, prima della presa in carico più propriamente terapeutica.
– Osservazione psicomotoria, con intendimenti analoghi a quelli dell’osservazione logopedica.
– Indagini cliniche e strumentali: fisse (bioscreening); facoltative (potenziali cognitivi evento-correlati, TC o RMN dell’encefalo, analisi genetica).
– Presa in carico terapeutica logopedica.
– Presa in carico terapeutica psicomotoria.
– Dieta e/o terapia disintossicante di tipo omotossicologico.
– Controlli longitudinali foniatrici, strumentali, omotossicologici.

Trattandosi di un’esperienza e non di una sperimentazione controllata, è importante rilevare ciò che è in accordo con quanto si è dimostrato efficace in letteratura e ciò che non lo è. Ai genitori bisogna dire con chiarezza quali trattamenti sono consigliabili in quanto la loro efficacia è stata dimostrata da un’evidenza basata sulle prove, quali trattamenti sono ancora in fase sperimentale e quali sono sprovvisti di ogni documentazione di efficacia. L’omeopatia-omotossicologia non è una terapia la cui efficacia sia stata dimostrata con una evidenza basata sulle prove. Le premesse teoriche a cui si ispirano gli altri trattamenti abilitativi sono condivisibili.
L’uso dei potenziali evocati evento-correlati ci pare utile soprattutto a livello di ricerca e siamo lieti quando i dati vengano pubblicati su riviste specializzate, in modo che possano contribuire all’avanzamento della ricerca, cosa di cui c’è tanto bisogno.
Per quanto riguarda la terapia abilitativa, che viene svolta da un foniatra e da un logopedista che vanno ben al di là del mero problema del linguaggio per affrontare quello più ampio della comunicazione, com’è giusto che sia nell’autismo, ci potrebbe essere qualche rischio se venisse troppo privilegiato il momento dell’incontro a due paziente-terapeuta e se venissero messi in ombra i fondamentali rapporti con genitori e insegnanti, ai quali i professionisti devono dare indicazioni e valutazioni, nel ruolo di programmatori e supervisori dei diretti educatori.
La terapia logopedica deve essere, a parere degli Autori, il più precoce possibile. Anche noi, come gli Autori, “respingiamo fermamente qualsiasi forma di atteggiamento “attendista”, che non ha alcuna ragione di esistere. Troppo spesso ci viene riferito da genitori attenti e solerti, che diverse figure di specialisti hanno suggerito di aspettare alcuni anni (!) l’inizio della logopedia, con frasi tipo “Il bambino non è ancora pronto”, “Deve avere prima un’esperienza di psicomotricità”, “Acquisirà il linguaggio spontaneamente col tempo, altrimenti provvederete verso i cinque anni”… e così via, provocando solo perdite di tempo prezioso e non recuperabile. Del resto, i migliori risultati li abbiamo avuto proprio nei casi in cui abbiamo iniziato precocemente il trattamento logopedico, potendo realizzare al più presto alcune tappe fondamentali di un itinerario coinvolgente funzioni attentive, percettive, cognitive, orali, prassiche… che non conviene assolutamente procrastinare nel tempo. Il riscontro di un maggior numero di risultati terapeutici soddisfacenti, rilevato da quando abbiamo adottato tale criterio di scelta di tempi di intervento, ha confermato in concreto la sua validità.”

Trattandosi di una patologia grave e cronica, che inizia con la nascita, dura tutta la vita e mette a dura prova la famiglia anche dal punto di vista economico, è opportuno indirizzare i genitori verso enti pubblici o convenzionati. Parlando con l’Autore, che dirige un servizio pubblico di foniatria a Napoli, è emersa la conferma che l’introduzione dell’aziendalismo nella sanità pubblica, avvenuto gradualmente dopo il 1995, non ha giovato agli autistici: infatti i Direttori Generali che prendono a riferimento il budget dell’azienda sanitaria pubblica constatano in fretta che i costi delle risorse da impiegarsi per l’abilitazione degli autistici sono molto superiori alle corrispondenti tariffe previste per remunerare l’azienda. In altre parole il finanziamento delle prestazioni erogate ai disabili gravi come gli autistici non compensa neppure la metà dei costi che normalmente si devono sostenere. Sembra assurdo, ma coloro che si dedicano all’autismo sono condannati ad andare in rosso col budget e quindi a passare per “spreconi”. Per eliminare questa grave stortura il Presidente della FISH ha di recente inviato una lettera al ministro della salute ed a tutti gli Assessore regionali, perché vengano adeguatamente riviste le tariffe delle prestazioni in favore dei disabili gravi.

Carlo Hanau e Daniela Mariani Cerati