Hanno camminato almeno in cinque, Fabio Pineda, sua madre, suo padre, suo fratello e suo zio lungo il percorso che ha portato il giovane afflitto da sindrome di Down al diploma da maestro, al lavoro nel comune di Malaga per aiutare i minusvalidi e presto alla laurea in Psicopedagogia. In questi giorni Fabio, 29 anni, gran voglia di vivere e di amare, sta tenendo conferenze in Spagna per raccontare il successo di una esistenza difficile. Fa bene, trasferisce altro coraggio a famiglie che già hanno avuto il coraggio di accettare e far crescere senza «selezione nazista» i figli con sindrome di Down. Riassume con semplicità la formula della sua esperienza: occorre sempre un progetto di vita, un nuovo sguardo non più soltanto rivolto alla sindrome, alle potenzialità in meno nei punti di partenza ma anche alle capacità, alle doti che l’handicap non ha frantumato ma potrebbe aver potenziato: la calma, l’attitudine verso gli altri. Quando è nato nessuno ha discusso se accettarlo o meno, se comportarsi come si fa con una automobile, se non tira al massimo si torna dal concessionario per cambiarla. Dio, concessionario di bambini che non ama vengano riconsegnati per anticipata rottamazione, aiuta l’intelligenza di chi si muove in base all’intelligenza. E la ragione consigliò ai genitori di Fabio di non arrendersi alle diagnosi secondo le quali le capacità di apprendimento del bambino sarebbero state scarse. La tenacia di gruppo giorno dopo giorno ha consentito il recupero. È la prima persona in Europa che arriva così avanti negli studi con la sindrome di Down. Diventa un testimonial di una larga volontà da forza ad altre famiglie. •