Dott. Goran Dzingalasevic
L’autismo per molti studiosi è una grave malattia che colpisce i bambini autistici nella prima infanzia e dura per tutta la vita. Esso è caratterizzato da una grande mancanza di considerazione per gli altri: i bambini autistici non guardano i genitori, i coetanei o i vicini; non interagiscono col mondo esterno, si isolano e sono troppo sensibili agli stimoli esterni, stanno completamente fuori dalla società.
Anzitutto non dicono nessuna parola, non comunicano e non hanno niente da esprimere; soddisfano i loro bisogni primari, perché non ne hanno altri, tramite una persona che sta vicino a loro. Inoltre, non sono molto intelligenti, se è possibile misurare questa intelligenza, e si rifiutano da imparare qualsiasi cosa venga loro proposta.
A livello cerebrale, come si può vedere con gli apparati moderni (per esempio, la TAC o l’EEG), mostrano molti danni in tutte le parti, e spesso sono affetti da epilessia.
Sovente appaiono diverse onde nell’elettroencefalogramma, sulla TAC si vedono danni e probabilmente il neurologo cercherà di trovare uno degli psicofarmaci a sua disposizione sul mercato, molto potenti per tutte le serie di disturbi mentali e, quindi, anche per l’autismo e per i comportamenti che non si possono controllare con la forza fisica.
Difficilmente testabili, anche se si applicano diversi tipi di test di intelligenza, tutti i comportamenti critici vengono osservati secondo una moderna classificazione delle malattie mentali: si fanno uno o più colloqui con i genitori e si conclude una diagnosi giusta.
Tutto questo rientra in un quadro clinico di un bambino appena diagnosticato come autistico. La prognosi è molto limitata, cioè essi non sono capaci di fare nulla per tutta la vita.
Tocca ai genitori affrontare la realtà, contattando i vari professionisti che conoscono meglio il “problema personale di un bambino autistico”. Naturalmente, il fanciullo continuerà ad avere gli stessi problemi, ma essi sanno ora di cosa si tratta: il loro è uno dei tanti bambini autistici che esistono nel nostro mondo.
Nel campo professionale ci sono diversi modi per dire e spiegare le cose, orientarsi tra varie malattie; per esempio, esiste il tipo di approccio corrente: quello umanistico. Sappiamo così che esiste anche quello non umanistico. Diversi specialisti hanno bisogno di spiegare i fatti semplici con parole molto complicate e poco riconoscibili, così la mistificazione di un mestiere ha maggiore ragione di sopravvivere. Quando il medico parla del suo trattamento e spiega il suo concetto teorico ai genitori, intende soltanto l’uso degli psicofarmaci che influiscono nei processi cerebrali; invece lo psicologo intende l’insegnamento delle abilità: fa la diagnosi di disabilità e poi cerca di insegnare le abilità.
L’insegnante parla di insegnamento e intende insegnare dalla lavagna, nella scuola (egli aspetta che succeda quel miracolo che si chiama apprendimento del bambino con autismo), mentre lo psicologo insegna nel posto dove si trova il bambino. Come si vede, c’è molto disaccordo.
Non esiste un linguaggio comune tra i diversi specialisti, ognuno pensa di avere ragione e non cerca di unire almeno “le parole”, sarebbe meglio dire le etichette.
Per fortuna la scienza ha risposte valide: lo possiamo vedere e confermare attraverso un sperimento puro con il controllo dei fattori che influenzano il comportamento del bambino autistico.
Per definizione tutti i fattori devono essere sottoposti ad uno sguardo obiettivo, non disturbato e puro, se possibile in presenza di un’équipe che filma tutto.
Il bambino si deve comportare come un cronometro, deve entrare nella stanza in un tempo preciso e stabilito prima, andare al bagno e lavarsi nel modo già descritto nella programmazione, vestirsi un pezzo alla volta come è scritto nel protocollo, mangiare quello che è stato preparato e concordato nella riunione, e così via per tutte le attività.
Sappiamo che questo comportamento sarà emesso una sola volta – esso sarà filmato in tutti i suoi dettagli in modo professionalmente perfetto (per esempio, una festa di compleanno) – e che non sarà ripetibile e generalizzabile ad altre situazioni abitudinarie.
L’autismo, soprattutto, non è una grave malattia; è un deficit: deficit di attenzione, deficit nello sviluppo del linguaggio, deficit nella vita sociale, deficit o mancanza di gioco con gli altri bambini, scarsa integrazione di stimoli esterni, ecc.
Nel campo dell’autismo esistono molte associazioni; sia professionali, dove gli operatori sono veri professionisti che discutono argomenti molto importanti cercando di focalizzare il problema o di fissare una diagnosi, sia non professionisti che si occupano della pratica quotidiana. Esse, in alcuni casi, sono collegate: fanno conferenze comuni, discutono varie cose, si scambiano esperienze.
Accanto a queste, operano anche diverse associazioni di genitori di bambini autistici. Esse hanno molte cose da dire, ma ci sono poche soluzioni pratiche applicabili, ad esempio, nella vita quotidiana “del bambino che sbatte la testa contro il muro”: si parla di tutti i problemi, si espone la propria opinione – che è molto importante – e si cercano le vie d’uscita di una strada a senso unico.
Si fa poco, rispetto a quanto concordato. Le associazioni parlano ma non comunicano tra loro, non si cambiano le cose all’improvviso solo perché abbiamo fatto una delle tante riunioni, e non può succedere un miracolo. E’ anche vero che non esiste una persona o un professionista capace di cambiare tutti i comportamenti inadeguati e che abbia tutte le risposte per tutti i problemi che si presentano.
Credo che la società, di cui facciamo parte anche noi (parlo di essa come di una vecchia signora, stanca e demotivata, che vede tante belle conclusioni e non riesce a vedere le soluzioni vicine), debba essere molto più efficace; non dovrebbe, cioè, girare intorno ad un problema in modo stereotipato e ripetitivo, essere autistica e isolata.
Adesso siamo a posto! Il bambino autistico è cresciuto, è diventato un adulto, una persona autistica. E’ normale diventare un adulto autistico, perché il futuro del bambino autistico è diventare una persona autistica, seguendo questa e solo questa strada. Adesso i genitori devono andare a cercare gli specialisti delle attività lavorative per iniziare un intervento a lungo termine che alla fine ha uno scopo ben preciso: inserire il bambino nel mondo degli adulti con la speranza di poterlo fare lavorare.
Il lavoro, che è un sogno per molti giovani e anche per gli anziani che non hanno avuto la possibilità di lavorare, bisogna cercarlo nei posti protetti. Posti protetti sono quelli dove non si disturbano gli altri mentre si lavora, dove possono lavorare soprattutto quelli che hanno capacità quali, per esempio, la pazienza, o che vanno d’accordo con i superiori. Le persone autistiche sembra che non vadano d’accordo con nessuno, mostrano problemi comportamentali, sono rigide nello svolgimento dei compiti, sono molto sensibili ai piccoli cambiamenti e non hanno pazienza….
Sintetizzando, esistono i sintomi di un autismo sociale – evidentemente esiste, anche se facciamo finta che non sia così – e sembra che essi siano identici a quelli che abbiamo diagnosticato e che sono i sintomi caratteristici dei bambini autistici.
Se la società inserisce i suoi cittadini in strutture a misura d’uomo, se ignora interi campioni di popolazione, se li colpevolezza, allora questa società merita la stessa etichetta.
Da quanto scritto, mi sembra che l’autismo di un bambino autistico abbia lo stesso quadro clinico dell’autismo sociale. C’è solo una piccola differenza: manca un punto di vista, quello autistico.